Sul Polemizzare

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Breve nota sulla Babele della selvicoltura

Jan van Kessel d. Ä., Kampf der Vögel

Sono ben conscio della connotazione negativa assunta dal termine (polemica diffamante, vergognosa, controproducente…), per questo adotterò l’apparato formale tipico della teologia cristiana, ossia la mia polemica (e spero anche di coloro che interverranno) si contrapporrà all’apologetica e mirerà a porre in luce incongruenze, errate interpretazioni, forzature ideologiche nell’ambito della selvicoltura.

Per esemplificare, vorrei evitare polemiche simili a quella intercorsa tra il professor Ciancio e il professor La Marca o il dottor Mori, e condurre un sereno e motivato confronto e discutere razionalmente e – per quanto possibile – serenamente. Sono anche conscio che “a dar minutamente ragione di tutto, cercando di indovinare le critiche possibili e contingenti con intenzione di ribatterle tutte anticipatamente”1  si rischia di non venire a capo di molti problemi sempre aperti, per questo mi esimerò dal rispondere a generiche accuse, a rilievi scarsamente documentati , costruiti su citazioni accortamente parziali, improprie e svianti, utilizzate per fomentare pregiudizi o rancori.

Una parziale documentazione della discussione sulla “selvicoltura sistemica” è reperibile in “La Babele della Selvicoltura”2, i lettori potranno contribuire liberamente, fornendo scritti o altro materiale che possa agevolare questo processo di analisi critica. Penso sia utile però fare alcune osservazioni in merito al modo di condurre polemiche adottato dal fondatore della 〈selvicoltura sistemica〉, onde evitare di trasformare in rissa un confronto di idee.

Nel 2010 è apparso un articolo polemico piuttosto arrogante del professor Orazio Ciancio contro il professor Orazio La Marca, docente forestale dell’università di Firenze e il dottor Paolo Mori, direttore della rivista forestale Sherwood.3  Come ricordato nella premessa, l’obbiettivo di questo articolo (e di altri scritti che citeremo nel corso del dibattito) era quello di chiarire alcuni aspetti tecnici, scientifici e culturali, in riferimento soprattutto ad alcune teorie che avevano suscitato un acceso dibattito a livello nazionale ed internazionale.4 Purtroppo questa premessa è stata del tutto disattesa. Alcune tesi sostenute dall’autore (bosco quale 〈sistema autopoietico complesso〉, “bosco soggetto di diritti”, metodo di controllo e monitoraggio dell’evoluzione dei boschi, ecc.) non sono state adeguatamente illustrate e chiarite e il confronto ha assunto i toni di una goldoniana baruffa.
Non basta infatti il ricorso ad alcune dotte citazioni, ad aforismi o a tesi di filosofi, fisici e scrittori per chiarire quale sia la peculiare caratteristica della 〈selvicoltura sistemica〉; bisogna anche fornire una documentata e sperimentata metodologia di intervento, fornendo dati concreti sulle utilizzazioni boschive, sulla rinnovazione dei diversi tipi di popolamenti e su tutti i problemi connessi alla salvaguardia della biodiversità, all’uso multiplo, ecc.

Il suddetto articolo, concepito in risposta ai rilievi mossi anche per altre pubblicazioni – in particolare “Il bosco e l’uomo”,5 a mio avviso pecca per una eccessiva veemenza verbale, che maschera una sostanziale incapacità di mantenere il confronto dialettico entro i canoni del rispetto reciproco, cercando di controbattere le critiche dell’interlocutore con argomenti logici pertinenti all’argomento trattato. Ha infatti poco senso appellarsi a Goethe, a Montesquieu, a Plank, a tutti i forestali della scuola fiorentina e a tante altre personalità della cultura, per affermare le proprie qualità personali o il proprio valore come studioso o uomo di cultura, evitando nel contempo di spiegare e chiarire quanto si va sostenendo in merito alla selvicoltura e all’ecologia forestale.

Va anche detto che non si possono portare a supporto delle proprie tesi scientifiche testi ed interventi dei propri discepoli, direttamente o indirettamente, gratificati. Né ci si può esimere dal riportare puntualmente le tesi di altri studiosi o di altri critici per dar modo al lettore di comprendere i diversi o divergenti punti di vista. Desidero per questo, riportare alcuni passi tratti da scritti che avrebbero dovuto fugare dubbi e perplessità di altri forestali, ma si sono risolte in offensive insinuazioni o addirittura animose denigrazioni.
Commentando uno scritto critico (La Marca, 20106), l’autore afferma che
“In tale scritto, partendo da un dibattito in corso sulla Selvicoltura sistemica, riguardo al quale di suo l’Autore non aggiunge nulla al già noto, vengono riportati spunti presi da pubblicazioni di altri autori, bardando l’insieme con discorsi convenzionali”.

Minosse 1Il lettore non è messo in grado di apprendere se nell’articolo citato si “aggiunga” (o non si “aggiunga”) “nulla al già noto”. Non è dato di sapere se quello che è noto a Ciancio lo sia anche lippis et tonsoribus, e quali “spunti” presi da altri studiosi (ignoti al lettore) siano stati banalizzati. È piuttosto inusuale essere chiamati anche a condividere questa opinione “[il critico] incautamente si adagia nell’inerzia concettuale che lo porta a condividere una severa recensione del libro “Il bosco e l’uomo” (a cura di Ciancio 1996)”.
Ancora una volta non si dà modo al lettore di poter vagliare autonomamente, mediante precisi riferimenti, la veridicità di questo inappellabile verdetto, aggravato per il fatto che
“… Di più: egli si sofferma in modo strumentale e distorto sul confronto di idee tra gli autori di un articolo sul metodo del controllo e un ricercatore francese, senza peraltro risalire alle fonti. E completa il quadro esaltando la teoria della normalizzazione del bosco. Il tutto corredato da esempi che accentuano la carenza di sintassi scientifica”.
Il lungo articolo del professor Ciancio è infarcito di rimandi e citazioni, interessanti per conoscere i suoi multiformi interessi culturali, ma poco appropriati per confutare i critici della selvicoltura sistemica o comunque per quanti (forestali e non) hanno qualche perplessità sui riferimenti epistemologici e filosofici addotti per dimostrare la scientificità di questo sistema colturale (selvicoltura➾sylva-colĕre).
Chiamare i Maestri della scuola forestale fiorentina7 a testimoniare il loro sdegno per le tesi sostenute da un blando critico della selvicoltura sistemica, preoccupandosi per il loro placido riposo perpetuo, fa onore al professor Ciancio, devoto aspirante all’assunzione in questo magistrale empireo forestale, ma non è un argomento persuasivo sulla scientificità della «selvicoltura sistemica».

La pazienza, si sa, ha un limite; talvolta l’Autore sbotta, invitando perentoriamente l’interlocutore a discutere di selvicoltura con altri compari in osteria (bar dello sport).

ezgif-1828091610“Pensare, dunque, e non le discussioni da bar dello sport, è l’unico modo per sviluppare la creatività scientifica e dare un forte impulso allo sviluppo delle scienze forestali e ambientali!”

L’ignaro direttore della rivista forestale Sherwood è stato amabilmente invitato a recarsi al bar dello sport (paesano ritrovo di accese discussioni su donne e partite di calcio) a bersi un digestivo, ausilio alla digestione della 〈selvicoltura sistemica〉.

“Poi, a digestione avvenuta e dopo aver acquisito nuovo vigore fisico e mentale, potrebbe – e sottolineo potrebbe – rientrando a casa, dedicarsi a leggere la letteratura forestale, soprattutto quella meno recente. Dimodoché dopo aver ben indagato il passato, forse riuscirebbe a interpretare il presente e lavorare per costruire il futuro!”

Che ne sa il professor Ciancio delle letture del Direttore di Sherwood?
Magari il dottor Mori si dedica a leggere la letteratura forestale, prima di colazione, oppure alla sera comodamente seduto sul sofà, o in altro luogo confacente a tali letture. Si sta discutendo di selvicoltura, non impartendo lezioni di vita ed indicazioni di buone letture forestali. A me risulterebbe assai difficoltoso dare ascolto a questa prescrizione post-prandiale, non essendo amante dello sport né particolarmente entusiasta degli amari.
Caro Direttore, non “vada al Bar dello Sport più vicino, da solo o in compagnia poco importa, dove può ordinare e gustare un buon digestivo che probabilmente lo (sic!) aiuterebbe a metabolizzare più facilmente qualcuna delle teorie selvicolturali e gestionali che evidentemente gli stanno sullo stomaco”.8
Non so se l’amaro di Mastro Cacciatore (Jägermeister) sia il digestivo, che “fa bene al corpo e alla mente” ed aiuti ad elaborare la “teoria della selvicoltura sistemica”. Ho difficoltà a districarmi nella congerie di amari adatti alla digestione (anche i devoti frati vallombrosani ne producono uno, che mi dicono ottimo per la digestione).

Annibale Carraci, Il trionfo di Bacco e Arianna. Palazzo Farnese, Roma.

Annibale Carracci, Il trionfo di Bacco e Arianna. Palazzo Farnese, Roma.

Personalmente, sono un seguace di Bacco, perché so di trovarmi in ottima compagnia con le Baccanti e anche con la buona Arianna (muliebre prototipo di emancipati costumi), la quale, abbandonata dal fedifrago Teseo, lietamente si unì alla compagnia dei gaudenti
(⚨ ⚤ ⚢ ⚣ ⚥ ⚧) devoti di Dioniso.

Se anch’io sarò invitato a recarmi al bar (“da solo o in compagnia poco importa” – io la preferisco gaudente e spensierata) eviterò, per quanto possibile, di metabolizzare la teoria selvicoltural-sistemica mediante sostanze digestive-metabolizzanti che facciano bene alla mente e al corpo. Del resto, ho fondati dubbi che l’antica massima (citata dall’Autore) “Mens sana in corpore sano” sia del tutto veritiera (molti esempi attestano il contrario) e non sono convinto che alla comprensione dell’innovativo paradigma forestale giovino gli esercizi ginnici.9
Grazie, comunque, professor Ciancio, per i solerti consigli, ma quando sono in taberna il suo paradigma forestale svanisce nel Nulla (beh, in realtà anche fuori dai bar e dalle taverne).

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Bacco. Galleria degli Uffizi

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Bacco. Galleria degli Uffizi

O Bacco, dove mi trascini pieno di te?
In quali boschi o in quali grotte son condotto veloce da ispirazione nuova?
Quo me, Bacche, rapis tui plenum?
Quae nemora aut quos agor in specus velox mente nova?

 

  1. Manzoni, Alessandro: Introduzione ai Promessi Sposi.
  2. Mori, Paolo: La Babele della Selvicoltura. Sherwood, n. 171 Marzo 2011, p. 4-7.
  3. Ciancio, Orazio (2010): Selvicoltura, assestamento, epistemologia ed etica. Dibattito scientifico o discussione da bar dello sport ?. Forest@ 7: 111-119.
  4. The aim is to clarify some scientific, technical and cultural aspects, with particular reference to theories that have given rise to heated debates at the national and international level.
  5. Ciancio, Orazio (ed.) – 1996: Il bosco e l’uomo. Firenze, Accademia Italiana di Scienze Forestali, pp. 335.
  6. La Marca, Orazio (2010): Contributo al dibattito sulla Selvicoltura del nostro Paese. Sherwood 164: 10-13.
  7. “… mi riferisco a Di Bérenger, F. Piccioli, Perona, Cotta dell’Istituto Forestale a Vallombrosa e, in ordine alfabetico, De Horatiis, Di Tella, Fiori, Martelli, Palazzo, Pavari, Petri, L. Piccioli, Riccioli, Serpieri del R. Istituto Superiore agrario e forestale di Firenze, la cui storia dovrebbe essere di esempio a tutti i ricercatori e i tecnici forestali se solo potessero leggere tale scritto si rivolterebbero nella
    tomba”
  8. Ciancio, Orazio: Quale selvicoltura nel XXI secolo ?
  9. Ciancio Orazio: Selvicoltura, assestamento, epistemologia ed etica. Dibattito scientifico o discussione da bar dello sport?

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