Un appunto sulla “Milizia forestale” e il “Corpo forestale dello Stato”

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Mnémosyne (dea del ricordo), Mosaico murale (2° secolo)

Mnémosyne (dea del ricordo), Mosaico murale (2° secolo)

Questo è un breve appunto-promemoria per i “nuovi” forestali transitati entusiasticamente nell’Arma dei carabinieri e promossi a compiti e funzioni di “tutela” ambientale, secondo quanto descritto nel decreto di accorpamento Madia- Renzi. Si vuol solo richiamare allo loro memoria quanto differivano le attività pratiche della “Milizia” e del Corpo forestale e quali azioni venissero intraprese in passato per proteggere e salvaguardare il patrimonio agro-silvo-pastorale e per sviluppare l’economia montana.

Fregio_della_Milizia_forestale.

Fregio della Milizia forestale.

La “Milizia forestale“, istituita nel 1926, aveva lo scopo di attuare la politica di sviluppo dell’economia montana attraverso la cura e l’incremento del patrimonio agro-silvo-pastorale (rimboschimenti, gestione e utilizzazione dei boschi, opere di difesa idrogeologica)  e la creazione delle strutture necessarie al miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti locali (viabilità, miglioramento dei pascoli, zootecnia, ecc.).

Manifesto_della_Milizia_forestale.

Manifesto della Milizia forestale.

I compiti di polizia erano confinati alle aree montane e le infrazioni riguardavano per lo più i beni naturali (caccia, pesca, abigeato, furti di legna, pascolo abusivo, ecc.). I dirigenti avevano una formazione tecnica ed amministrativa di tutto rispetto (forse superiore a quella impartita nelle attuali  facoltà di scienze forestali), risultante dalla frequentazione biennale, dopo la laurea in scienze agrarie o in ingegneria, di corsi teorico e pratici, tenuti da docenti universitari di notevole prestigio (Pavari, Patrone, De Horatiis ed altri luminari di scienze naturali ed ingegneristiche), presso l’Accademia militare forestale (Firenze-Vallombrosa).

Scuola_Allievi_Milizia_forestale_Firenze

Scuola di applicazione di Firenze per allievi ufficiali della Milizia forestale.

Anche gli allievi sottufficiali e i militi ricevevano un’adeguata istruzione in economia e ingegneria forestale nella scuola di Cittaducale e, in epoca successiva, presso altri istituti tecnici agrari specializzati in economia montana (Edolo, Pieve Santo Stefano, ecc.)1.
Vallombrosa era il luogo di incontro e il centro per le attività di formazioni tecnica e scientifica di tutto il “mondo” forestale italiano e la “Milizia” (e in seguito il CFS e l’Università fiorentina), vi tenevano esercitazioni selvicolturali pratiche sulla gestione dei boschi.
Il fatto di avere una divisa (quella della Milizia) «… Anche a quel tempo era oggetto di sfottò da parte dei compagni che non ci avrebbero seguiti nel corso di specializzazione forestale, preferendo la strada dell’agronomo: Vedrete, vedrete, quando sarete in divisa e dovrete dire “Signorsì!” a ogni testa di rapa di grado superiore … e i valligiani e i montanari non vi chiederanno aiuto e consigli, ma vi eviteranno per paura dei vostri verbali …»2.

L’Istituto Superiore Agrario e Forestale di Firenze vantava un corpo accademico di notevole levatura scientifica ed etica e molti ispettori forestali della “Milizia” diedero un valido contributo allo sviluppo delle scienze forestali e alle opere di sistemazione idrogeologica e di miglioramento delle pratiche agro-pastorali.

Il Corpo accademico dell’Istituto Superiore Agrario e Forestale dell’Universitˆ di Firenze verso il 1924. Si riconoscono i seguenti docenti: in prima fila da sinistra: Lodovico Edlmann (in piedi con la mano in tasca). Seduti: terzo Alessandro Martelli, quarto Adriano Fiori, settimo Arrigo Serpieri, nono Giuseppe Di Tella, decimo Lodovico Piccioli, undicesimo Alberto Cotta, dodicesimo Manfredi De Horatiis. In seconda fila da sinistra: quarto Francesco Carlo Palazzo, ottavo Aldo Pavari. In terza fila da destra: primo Alberto Oliva. Gabrielli A., I maestri sulle orme cultura forestale. Annali Accademia Italiana di Scienze forestali. 2005 «L’Italia Forestale e Montana» (dal n. 1-2004 al n. 5-2005).

Il Corpo accademico dell’Istituto Superiore Agrario e Forestale dell’Università di Firenze (verso il 1924).
Si riconoscono i seguenti docenti: in prima fila da sinistra: Lodovico Edlmann (in piedi con la mano in tasca). Seduti: terzo Alessandro Martelli, quarto Adriano Fiori, settimo Arrigo Serpieri, nono Giuseppe Di Tella, decimo Lodovico Piccioli, undicesimo Alberto Cotta, dodicesimo Manfredi De Horatiis. In seconda fila da sinistra: quarto Francesco Carlo Palazzo, ottavo Aldo Pavari. In terza fila da destra: primo Alberto Oliva.
Gabrielli A., I maestri sulle orme cultura forestale. Annali Accademia Italiana di Scienze forestali. 2005 «L’Italia Forestale e Montana» (dal n. 1-2004 al n. 5-2005).

Nel Dopoguerra per evitare che il nuovo Corpo forestale fosse considerato una replica della “Milizia” venne abolita (o quantomeno limitata) questa connotazione poliziesca-militare, optando per lo stato giuridico civile del personale3.
L’impronta tecnico-operativa derivante dalla  “Milizia”  è stata però in larga parte preservata e il CFS ha avuto un importante ruolo nel predisporre e realizzare piani di sviluppo dell’economia montana, che hanno garantito lavoro e un alleviamento delle misere condizioni di vita delle popolazioni rurali negli anni che sono seguiti al conflitto. Basti ricordare gli eccellenti lavori di rinsaldamento delle pendici franose, i rimboschimenti, la regimazione dei torrenti, il miglioramento dei pascoli e delle malghe, il potenziamento della viabilità, i numerosi “piani economici” di gestione delle foreste realizzati su progetti predisposti o controllati da competenti tecnici dell’amministrazione forestale4.
Dal dopoguerra in poi (grosso modo fino agli anni ’80) il CFS ha svolto con competenza ed impegno tutti i compiti assegnati5. La situazione cambia completamente con il “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza”6 che sancisce l’inserimento del Corpo tra le cinque “Forze di Polizia dello Stato”. I compiti tecnici e di gestione del patrimonio forestale, che fin dalla fondazione erano stati vanto e prerogativa del CFS, vengono notevolmente ridotti per lasciare spazio a mansioni di vigilanza e di repressione di violazioni a danno all’ambiente.  Successivi provvedimenti legislativi concorreranno a rafforzare il ruolo di polizia del Corpo, con incarichi e compiti di vigilanza e repressione sempre più ampi: “Sorveglianza dei territori compresi nelle aree protette di importanza nazionale ed internazionale”7, “Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile”8, “Interventi in materia di incendi boschivi”9, “Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini”10.
Il “Nuovo ordinamento del Corpo Forestale dello Stato”11, ribadisce infine i compiti di polizia ambientale e forestale, di polizia giudiziaria, di ordine e sicurezza pubblica e di protezione civile, allargando le competenze nel controllo agro-alimentare ed ambientale.
Fino agli anni ottanta, la frequentazione dei forestali del Corpo ai corsi di perfezionamento e alle attività didattiche e di ricerca ha contribuito non solo a rafforzare il legame tra didattica e pratica operativa sul territorio, ma anche a recepire idee ed indirizzi d’azione derivanti dalla conoscenza delle realtà locali, Che hanno favorito la sperimentazione di pratiche selvicolturali in sintonia con l’ambiente e con i ritrovati scientifici internazionali. Di questa prestigiosa eredità ben poco rimane per la netta scissione che si è operata tra mondo accademico e CFS, trasformato in un corpo essenzialmente di polizia.

Alemanno_CFS-Polizia

Gianni Alemanno, ex-ministro MiPAAF (I° e II° ggoverno Berlusconi, arteficie della trasformazione del CFS in corpo di polizia addetto alla repressione di reati “ambientali”.

In seguito ai provvedimenti di Alemanno-Berlusconi, il CFS (inzeppato di parenti e sodali di provata fede politica) può agire in questi ambiti: a) tutela del territorio rurale e montano e delle sue componenti (bosco, suolo, risorse idriche, ecc.); b) inquinamento, traffico illecito e smaltimento illegale di rifiuti; c) tutela del paesaggio e dei territori di particolare valore naturalistico; d) tutela dell’acqua e dell’aria; e) tutela della fauna e della flora (autoctona ed esotica); f) prevenzione e repressione dei reati di maltrattamento degli animali; g) prevenzione e repressione dei reati connessi agli incendi boschivi; h) tutela della salute e sicurezza agro-alimentare. A queste funzioni si aggiungono poi: il “monitoraggio ambientale”, la”tutela della biodiversità”, la “sicurezza in montagna”, la “tutela delle specie protette”, la “protezione civile”, ed altro ancora.

Unità CFS Antisommossa in servizio contro i "sommovimenti" tellurici. (Foto CFS)

Unità CFS Antisommossa in servizio contro i “sommovimenti” tellurici. (Foto CFS)

Sul piano tecnico operativo il CFS non è in grado di assolvere queste (non ben definite) funzioni di “tutela” ambientale, perché per anni si è preferito privilegiare gli aspetti repressivi di vigilanza e di controllo, esteso anche all’ordine pubblico mediante la creazione di specifiche unità di antisommossa12,  senza darsi cura della preparazione tecnico-scientifica nelle materie oggetto di intervento del Corpo (analisi degli ecosistemi boschivi, valutazione delle funzioni e potenzialità delle foreste, analisi geo-pedologica dei terreni, caratteri merceologici ed organolettici degli alimenti, ecc.). Tutto ciò avrebbe richiesto un rapporto sinergico con istituzioni di ricerca, una stretta collaborazione funzionale con altri enti ed organismi impegnati nella tutela dell’ambiente, nuovi indirizzi nella didattica e nella diffusione della cultura ambientalistica. Avrebbe anche richiesto un impegno politico per stabilire un’effettiva collaborazione con le regioni per una razionale gestione del patrimonio forestale, per la difesa idrogeologica e per la salvaguardia e il miglioramento dei beni naturali.
Questa cooperazione tra organismi nazionali e periferici, che fino agli anni ’80 era stata proficua (anche se, in una certa misura, conflittuale) è  venuta completamente meno con la trasformazione del Corpo ed ora scomparirà del tutto con l’aggregazione ai carabinieri. Probabilmente, la collaborazione, esistente a suo tempo tra CFS ed amministrazioni regionali, per la gestione delle foreste e lo sviluppo dell’economia montana, si sarebbe potuta sviluppare positivamente. Purtroppo è prevalso da una parte l’indirizzo centralizzatore egemonico ministeriale, teso a mantenere ben salde le proprie strutture (anche se ormai non più funzionali), e dall’altra l’incapacità delle regioni di darsi dei servizi tecnici e degli strumenti efficienti di gestione delle realtà locali.

In passato, l’accesso alla carriera dirigenziale del corpo era subordinata ad un concorso al quale potevano partecipare laureati in scienze agrarie e forestali, naturalistiche o ingegneristiche. Per i vincitori privi di laurea in scienze forestali era obbligatoria la partecipazione ai corsi di laurea in questa disciplina (Firenze, Padova). Attualmente invece per diventare funzionari (Commissari e Dirigenti) del Corpo si deve superare un concorso pubblico riservato a quanti siano in possesso di una «Laurea Specialistica a contenuto “Giuridico economico”, o “Tecnico-scientifico”», e risultino idonei dal punto di vista psicofisico ed attitudinale ad espletare funzioni di polizia. La specializzazione si consegue mediante un «corso di formazione biennale presso l’Istituto Superiore di Polizia, finalizzato anche al conseguimento di un Master Universitario di secondo livello».
Questo ha comportato (e comporta) che la storica professionalità del forestale è posta in subordine rispetto ai requisiti attitudinali postulati per le nuove assunzioni e alla formazione di tipo giuridico. Le competenze vantate dal Corpo in materia agro-silvo-pastorale o  in materia agro-alimentare appaiono quindi in larga misura non supportate da una effettiva preparazione tecnico-scientifica, derivante da studi, indagini ed esperienze in istituzioni o laboratori di ricerca specifici. L’attuale corpo può vantare al massimo una conoscenza giuridica in materia forestale o ambientale (lato sensu) e una idoneità psicofisica allo svolgimento di compiti di polizia. Del resto, se si esaminano le rappresentazioni (video, documenti illustrativi, ecc.) che il CFS dà di sé, si deve dedurre che il Corpo svolge unicamente mansioni di vigilanza e di repressione di reati, non certo un’attività tecnico-scientifica, di tipo ingegneristico o culturale finalizzata alla cura attiva del patrimonio naturale e paesaggistico.
È un corpo di polizia per la repressione di reati in materia ambientale e agro-alimentare, la cui competenza professionale si riduce a sanzionare ex-post abusi e infrazioni a carico dell’ambiente (nella sua più ampia ed indeterminata accezione) e controllare illeciti del settore agro-alimentare. Sulle capacità quindi di “prevenzione” o addirittura di “tutela” del paesaggio e dell’ambiente c’è motivo di essere piuttosto scettici. Questo vale in particolare per problemi complessi come la valutazione della “biodiversità”, della funzionalità degli ecosistemi, oppure riguardanti le metodologie di rilevamento dei caratteri dendro-auxometrici dei popolamenti boschivi, dell’accumulo di CO2 ed di altri temi oggetto di approfonditi studi a livello internazionale. sofisticate ricerche scientifiche organolettiche e sanitarie di prodotti agricoli e zootecnici.

Il paesaggio-territorio si può tutelare con una «politica attiva di intervento, curativo e preventivo, contro il dissesto idrogeologico, contro l’estesa franosità del territorio, contro la fragilità delle nostre coste ed isole, contro il diffuso rischio sismico, contro il degrado e l’utilizzazione incontrollata del patrimonio agro-silvo-pastorale13».
Questo richiede però una cultura della tutela dei beni ambientali, che, in tempi lontani, animava la “Milizia forestale”, che nel periodo postbellico di ricostruzione della Nazione si è mantenuta nel CFS , fino a tramontare con il prevalere di ideologie liberiste, accoppiate a una vocazione dirigistica centralizzata di tipo poliziesco di controllo, che ha trascurato o minimizzato l’acculturamento e la crescita civile dei cittadini, considerati potenziali trasgressori o contravventori di specifiche norme.
L’accorpamento all’Arma accentuerà questa dicotomia tra ricerca, istruzione scientifica, formazione culturale e attività di effettiva salvaguardia del territorio e, nel contempo, contribuirà ad acutizzare il distacco e la diffidenza verso le istituzioni amministrative. D’altra parte, questo provvedimento non affronta con serietà e rigore il problema della pervasiva corruzione nell’amministrazione pubblica e dei conseguenti abusi a danno dell’ambiente (smaltimento rifiuti, sostanze tossiche, urban sprawl, consumo del terreno, ecc.) perpetrati dalla criminalità (spesso con una compartecipazione politica).

Non si può sottacere il fatto che all’interno della “Milizia forestale”, come accadrà in seguito per il CFS, sono sempre coesistite due tendenze opposte, spesso tra loro conflittuali.
Una tendenza (o anima) tecnico-scientifica dedita allo studio e all’azione pratica di curare il bosco mediante una buona selvicoltura. Componente appassionatamente impegnata a realizzare adeguate infrastrutture per sviluppo economico delle aree collinari e montane e a salvaguardare gli ecosistemi agro-silvo-pastorali14; e una tendenza di tipo repressivo, autoritario nei confronti della popolazione, considerata nella sua maggioranza come soggetto prono a commettere abusi e infrazioni nei confronti del bosco e dell’ambiente e pertanto da controllare e da sanzionare severamente.

A suo tempo, la soppressione del “Regio corpo di
custodia forestale” (1929) e la trasformazione in “Milizia forestale” venne motivata  perché «il corpo considerato fino ad oggi personale civile, si è in pratica manifestato non rispondente alle necessità e ciò non già per mancanza di compiti, ma per difetto del suo ordinamento, che non consente una vigilanza ferma, decisa e vigorosa che può essere solo prodotto di un organismo prettamente militare», perché il «…progressivo depauperamento del patrimonio boschivo nazionale è indubbiamente causato dalla insufficiente compagine disciplinare, dall’esiguo numero degli agenti e dalla difficoltà di controllo da parte di funzionari tecnici dell’opera dei propri dipendenti»15.
Il regime autoritario dittatoriale di quel tempo rifuggiva da assetti tecnico-amministrativi di gestione degli ecosistemi agro-silvo-pastorali, privi di stringenti controlli sull’uso delle risorse naturali, perché in contrasto con la politica agricola autarchica nazionale e con la necessità di imporre stretti vincoli d’uso del territorio alle popolazioni rurali. Adottare un analoga visione politico-amministrativa ai nostri tempi equivale a bloccare ogni tipo di crescita economica, sociale e culturale nel Paese, senza peraltro combattere la depredazione della natura conseguente all’appropriazione indebita di beni comuni e alla pervasiva corruzione ambientale.
Nel CFS è sempre esistita – specie tra i burocrati della direzione, i sindacalisti romani e i funzionari non operativi –  una certa propensione all’autoritarismo, ai sistemi gerarchici di controllo, alle strutture militaresche repressive. Questa mentalità, evidenziata dal ritorno alle uniformi (divise) anche per i funzionari16,  dall’ossessiva frequenza di sfilate, presentatarm e cerimonie militari accompagnate da inni strapaesani (spesso stonati), ha preso piede e si è ormai affermata nel Corpo. I forestali attuali frequentano di rado il bosco per controllare le utilizzazioni, spesso lasciate alla discrezione delle ditte boschive, non gestiscono né controllano l’esecuzione dei rimboschimenti o per migliorare la zootecnia montana o le infrastrutture per la protezione idro-geologica (briglie, frane, torrenti). Sono invece ben visibili in ogni evento mondano per le gallonate (sfarzose) divise17.

Questa conformazione mentale e impostazione ideologica basata sul voler creare dei sistemi autoritari e una struttura militar-poliziesca ha spinto in passato alcune componenti del CFS a prender parte ad oscure manovre antidemocratiche, partecipando al cosiddetto golpe Borghese, (citato anche come golpe dei forestali o golpe dell’Immacolata).
L’otto dicembre 1970, una colonna armata (187 uomini) del Corpo Forestale dello Stato, guidata dal maggiore Luciano Berti18  si diresse, in una notte piovosa, da Cittaducale verso Roma per occupare le sedi televisive della RAI e consentire la diffusione dell’appello di Junio Borghese agli italiani per sostenere il “colpo di stato”. L’improvviso contro-ordine di desistere dall’azione eversiva costrinse la colonna CFS a rientrare alla base, dando termine a questo golpe “ad andata e ritorno”19.

  Con la gestione del corpo da parte dell’attuale capo Cesare Patrone, voluto dal ministro Alemanno tredici anni fa (2004), la messa a riposo dei forestali operativi d’un tempo, l’infornata di parenti, amici e giovani di provata fede politica, questa componente poliziesca si è notevolmente rafforzata ed estesa (anche per le facilitazioni di carriera elargite), sicché si è tornati alla contrapposizione tra chi comanda, chi decide e punisce (spesso senza aver la cultura necessaria) e chi opera nei boschi e in montagna.
È ben vero che di lavori forestali ce ne sono pochi per via dei decurtati finanziamenti, ma di controllori privi di specifica preparazione ed esperienza ce ne sono troppi e i diplomati e i laureati in agricoltura e scienze forestali per sopravvivere fanno, per lo più, altri mestieri in questo virtuale mondo di sedicenti protettori ambientali.

Parco nazionale d'Abruzzo, la volpe fa l'occhiolino.

Parco nazionale d’Abruzzo, la volpe fa l’occhiolino ( (a cura di Valeria Teodonio – Repubblica 27/02/2017).

Per quanto concerne i problemi ambientali e paesaggistici del Paese, l’accorpamento del Corpo forestale all’Arma dei carabinieri non risolve i problemi di sovrapposizione e confusione di compiti e funzioni tra forze di polizia e altri organismi che operano in questo campo; non comporta sostanziali risparmi economici; accentua le difficoltà occupazionali di giovani diplomati e laureati; aumenta il distacco tra cittadini e pubblica amministrazione; inasprisce i conflitti interni ed esterni tra istituzioni diverse; non contrasta la pervasiva corruzione derivante dal degrado amministrativo; mortifica la cultura scientifica ed umanistica, lasciando immutato il deprimente panorama di incuria e di degrado del territorio.

  1. Su questo tema vedi Gabbrielli A., 2013 – «Su le orme della cultura forestale: i Maestri». Accademia di Scienze Forestali, Firenze).
  2. Hofmann A. A., «I forestali oggi non capiscono: Racconti». Lombardi editore, Roma, 2015, p. 101.
  3. «Il personale del Corpo forestale dello Stato è, a tutti gli effetti, personale civile dello Stato ed è soggetto alle disposizioni del relativo stato giuridico»(Decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804, art. 8).
  4. Il «Piano verde» (1961 & 1966), la «Legge sulla Montagna» (1952 & 1994) e molti altri provvedimenti di forestazione, di difesa idrogeologica, di sostegno tecnico per la zootecnica e l’agricoltura montana e collinare che hanno contribuito allo sviluppo economico e sociale delle aree depresse prima del grande esodo rurale.
  5. Vedi Decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804, art. 1.
  6. Legge 1 Aprile 1981, n. 121.
  7. Legge quadro sulle aree protette, la n. 394 del 6 dicembre 1991.
  8. Interventi di soccorso e protezione calamità naturali, legge n. 225 del 24 febbraio 1992.
  9. Prevenzione e repressione del reato incendio boschivo e interventi antincendio, legge-quadro in materia di incendi boschivi, 21 novembre 2000, n. 353.
  10. Partecipazione del corpo alle attività di mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, Legge n. 128, 26 marzo 2001 .
  11. Legge 6 febbraio 2004. n. 36.
  12. Queste unità, costituite ufficialmente nel 2009, per il «concorso al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica con particolare riferimento alle aree rurali e montane» (art. 2, comma 1 lett. a, Legge 36/2004) sono state inviate, malgrado fossero prive di una specifica preparazione nel mantenimento dell’ordine pubblico, dal ministro Alemanno a Genova in occasione del tragico G8 (luglio 2001), conclusosi con la morte di un manifestante (Carlo Giuliani), centinaia di feriti, ingentissimi danni e una condanna per torture da parte della Corte europea dei diritti umani.
  13. Salvatore Settis, Costituzione: perché attuarla è meglio che salvarla. Giulio Einaudi editore, Torino, 2016, p. 145.
  14. Sul modo di vivere e di rapportarsi con il bosco e con la vita delle genti di montagna si possono leggere i racconti di tre generazioni di forestali e capire da quale entusiasmo professionale ed etico fossero animati parecchi tecnici ed operatori impegnati a curare il bosco e a gestire i beni comuni (Amerigo Alessandro Hofmann, I forestali non capiscono. Lombardi Editore, 2015).
  15. Nicolò Giordano e Claudio Sanchioli – La Milizia Nazionale Forestale 1926-1945. Storia, uniformi e immagini. Giuliano di Roma: EdAs, 2005).
  16. Nel “deprecato ventennio” il fascismo aveva messo in divisa tutti: oltre ai militari anche i postini, impiegati, diplomatici, stradini, studenti bambini: dalla prima elementare “figli della Lupa” (l’attuale moda di promuovere il lupo, a scapito delle ben più utili pecore, mi è sospetta), poi “balilla”, “avanguardisti”, ecc., (G. Hippoliti, nota informale, gennaio 2017).
  17. A quanti non conoscessero (come il sottoscritto pentito) il grado ricoperto dai funzionari e dagli agenti forestali consiglio di aggiornarsi consultando “qualifiche del corpo forestale“. Mi auguro anche che non si riapra un vecchio contenzioso con la Guardia di finanza sul colore del panno delle divise (il grigioverde delle divise) e che le divise in esubero  vengano finalmente si regalate ai forestali macedoni (divise forestali Macedonia), sempre che questa eventuale donazione non comporti frizioni con la Grecia.
  18. Già combattente della divisione Littorio sul fronte francese, ha fatto carriera nel Corpo Forestale dello Stato, restando legato a Borghese nell’organizzazione che questi fonderà “Fronte Nazionale” (Fn). Fu assolto dall’accusa di insurrezione contro lo Stato assieme a molti altri militari e politici inquisiti.
  19. Nel 1973, il regista Mario Monicelli ha tratto il film satirico «Vogliamo i colonnelli», i cui protagonisti sono un colonnello nostalgico della seconda guerra mondiale ed un generale dell’aeronautica in preda all’Alzheimer. Ho avuto già modo di segnalare come il linguaggio di alcuni autorevoli selvicoltori rifletta espressioni autoritarie, che richiamano alla mente un tragico passato (Paradigma della selvicoltura sistemica).

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