Otto Settembre del Corpo Forestale dello Stato (CFS) – digressione prima

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Confido che i miei «men che venticinque lettori» avranno comprensione per questa digressione dagli accademici temi selvicolturali  e perdoneranno questa divagazione dal titolo così enfatico.
Voglio semplicemente fare alcune osservazioni  su «l’assorbimento del Corpo forestale dello Stato, l’attribuzione delle relative funzioni, risorse strumentali e finanziarie, nonché il conseguente transito del personale del medesimo Corpo1».
La necessità di razionalizzare le funzioni, i compiti e la struttura del Corpo Forestale dello Stato (CFS) è un problema ben noto e sentito dai forestali.
Da anni chi si interessa di problemi forestali ed ambientali si chiede se la cultura e la professionalità del Corpo non debba essere utilizzata in modo migliore, più razionale ed efficiente per valorizzare le risorse boschive, migliorare la qualità dell’ambiente e contribuire in modo più efficace alla salvaguardia dei beni naturali.
In realtà, tutti gli operatori del settore agro-silvo-pastorale ed alimentare, le associazioni e le organizzazioni di categoria da anni sollecitano il «Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali» (Mipaaf) a darsi delle strutture funzionali per far fronte alla precaria situazione dell’agricoltura, della zootecnia e dell’industria agro-alimentare e soprattutto attendono che si elabori una linea politica del settore coerente con gli impegni comunitari, confacente al controllo della globalizzazione agricola e, in qualche modo, idonea ad assicurare un dignitoso reddito agli operatori del settore.
Su questo tema ben poco è stato fatto dopo il trasferimento di alcune competenze in materia alle Regioni (processo di “regionalizzazione” degli anni settanta). Alcune consultazioni referendarie hanno sollecitato l’abrogazione di questo ministero e un effettivo decentramento delle funzioni attribuite in materia forestale e agricola alle regioni. Hanno soprattutto richiesto che la struttura ministeriale fosse riorganizzata in modo da coordinare e pianificare in modo efficace la politica agricola del Paese2.
Dal trasferimento delle competenze in agricoltura alle regioni, la politica agraria e forestale del nostro Paese è piuttosto confusa, velleitaria, assolutamente inadeguata ad affrontare i problemi posti dalla globalizzazione, dallo sviluppo e diffusione di nuove tecnologie bio-ecologiche nell’agro-alimentare e dall’assetto dei mercati 3.
Se la politica agro-alimentare è del tutto inadeguata, quella forestale è addirittura inesistente. Le industrie nazionali di trasformazione del legno sono al collasso, i manufatti made Italy non hanno mercato, le tecniche di trasformazione sono costose e obsolete, la ricerca tecnologica del legno (un tempo d’avanguardia) è ridotta al lumicino4.

È noto che nella storia «… Sembra che tutto si presenti due volte, una come tragedia e una come farsa». Tragedia fu l’Otto settembre 1943 con il proclama di Badoglio e l’ignominiosa fuga di Vittorio Emanuele III, il quale abbandona al proprio destino il popolo italiano consegnandolo alle truppe e squadracce nazi-fasciste.
Farsa è l’epilogo della storia del Corpo Forestale dello Stato (CFS) abbandonato dal suo Capo, aggregato all’Arma dei carabinieri, smembrato e privato delle capacità tecnico-operative per assolvere le funzioni enumerate nel decreto legislativo pomposamente titolato «Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato».
Il riferimento al tragico “Otto Settembre” per commentare  l’inevitabile epilogo della metamorfosi del CFS, trasformato da “corpo tecnico con funzioni di polizia” a “corpo militarizzato di polizia  dedito alla repressione di generici reati ambientali (dalle spazzature, alle frodi agroalimentari, alla lotta contro gli incendi e l’eco-criminalità) è ovviamente un’iperbole.
È un ironico invito ad analizzare razionalmente lo stato attuale e la funzionalità di questo Corpo che è stato spogliato progressivamente delle storiche funzioni istituzionali, depauperato dei requisiti tecnici per esercitare un’effettiva azione di salvaguardia del patrimonio agro-silvo-pastorale, e trasformato in un corpo di polizia per la repressione e “tutela” di altrettanto vaghe entità biologiche e naturalistiche (biodiversità, paesaggio, ecosistemi agro-forestali, qualità degli alimenti, ecc.).

La cerimonia di istituzione del «Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare» e dell’aggregazione del CFS alle unità mobili e specializzate “Palidoro” dei carabinieri ha avuto luogo il 26 ottobre 20165  e il 31 dicembre 2016 il CFS, con una toccante cerimonia, ha ammainato la propria bandiera ed è stato accorpato all’Arma dei carabinieri come Comando per la  tutela forestale, ambientale e agroalimentare.
Motivo dell’accorpamento del CFS all’Arma è stata la sollecitazione dell’UE a ridurre il numero di corpi di polizia negli stati membri. Cinque corpi di polizia sono infatti un po’ troppi per il nostro Paese, perché superano in numero e personale quello della Francia, della Germania e della Spagna6,  ma nel nostro caso si trattava di rammodernare il sistema sicurezza del paese a distanza di quasi quarant’anni dal “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza”7.
Si trattava di riconfigurare tutto il sistema, tenendo conto dei cambiamenti sociali, demografici ed economici, delle relazioni e delle collaborazioni internazionali, anche in una prospettiva unitaria europea. Il tutto doveva farsi non solo in considerazione delle dinamiche economico-sociali del Paese, ma anche tenendo conto dei continui cambiamenti che caratterizzano le attività della criminalità comune e di quella organizzata (mafie nelle loro diverse denominazioni, nazionali o internazionali) e di quelli prodotti dall’imponente inarrestabile afflusso di immigrati, rifugiati e transfughi.
Gli studi in proposito non mancavano e numerosissime sono le proposte di razionalizzazione del settore elaborate nel corso di questi trent’anni . Già diciassette anni fa il ministro Maroni, in occasione della festa della polizia del 2009, ebbe ad affermare che «… Sono maturi i tempi, per procedere alla revisione dell’amministrazione della pubblica sicurezza, per evitare sovrapposizioni che possono comportare diseconomie». Poi non si fece più niente e del lavoro della commissione istituita da questo ministro8  non si seppe più nulla. Il governo tecnico di Monti lasciò cadere nel silenzio il propagandistico appello leghista di intervenire sul sistema di pubblica sicurezza9.
Allo stato attuale si prevede che all’Arma dei carabinieri transitino 7.177 forestali, alla Polizia di stato 166 unità, alla Guardia di finanza 41 u., al Corpo dei Vigili del fuoco 390 u., e al Mipaaf u. 47. Per rispettare il vincolo legislativo della necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale, 200 unità dovranno essere assegnate proporzionalmente tra i diversi corpi oppure essere conferite al Mipaaf10.

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Corpi di polizia in Italia, (Illustrazione ANSA, 2016)

Si deve comunque prendere atto della necessità di un riordino dei corpi di polizia, abnormi per numero e per sovrapposte e duplicate funzioni. La configurazione poliziesca assunta dal corpo forestale rendeva necessario un intervento legislativo  che ne regolasse funzioni e attività11.
Purtroppo con l’aggregazione del CFS all’Arma dei carabinieri (decreto Madia-Renzi) nessuna delle problematicità evidenziate dagli studiosi di questa materia (dualismo delle forze di polizia a competenza generale – Polizia di stato e Arma dei carabinieri -, sovrapposizione di compiti tra le diverse forze in specifici ambiti settoriali, insufficiente coordinamento strategico-politico, ostacoli ad una intelligence-led policy, è stata risolta o perlomeno attenuata12.
Con la creazione all’interno dell’Arma del nuovo “Comando per la tutela forestale”, la situazione si è aggravata, perché sono aumentate le unità specializzate all’interno dell’Arma dei carabinieri, contravvenendo agli impegni di arginare questo fenomeno13.

Protesta dei forestali CFS contro l'accorpamento all'Arma dei carabinieri (Provvedimento Madia-Renzi). Foto CGIL

Protesta dei forestali CFS contro l’accorpamento all’Arma dei carabinieri (Provvedimento Madia-Renzi). Foto CGIL

Com’era da aspettarsi, questo  accorpamento all’Arma dei carabinieri e la militarizzazione dei forestali, a partire dal primo gennaio per essere completato alla fine di febbraio 2017, ha suscitato (e suscita tuttora) veementi proteste dei sindacati del Corpo forestale dello Stato (Sapaf, Ugl-Cfs, Snf, Fns-Cisl, Fp Cgil e Dirfor), accompagnate da manifestazioni pubbliche a Roma e in altre provincie.
Alle proteste si sono associati artefici (Berlusconi) o spettatori (più o meno ignari) di questo processo di trasformazione del CFS in corpo di polizia. Alcune associazioni ambientalistiche (Legambiente), fiduciose che un corpo di polizia in più possa salvaguardare il Paese dall’ecomafia e dalla corruzione connessa ai reati ambientali, hanno censurato questo accorpamento, mentre gli accademici sono stati taciturni e passivi spettatori del progressivo declino della cultura forestale ed ambientale.
È interessante notare che nel nostro Paese, che vanta il più elevato numero di facoltà universitarie di scienze forestali degli altri paesi dell’UE (e non solo)14, nessun accademico di questa o di altre discipline naturalistiche o ingegneristiche ha sollevato critiche o proteste per questo provvedimento destinato ad avere ripercussioni negative sull’occupazione di giovani laureati e diplomati e ad accentuare il divario culturale forestale con gli altri paese europei.
Le proteste sono state corredate  da ricorsi al TAR del Lazio e da azioni legali volti a dichiarare l’illegittimità costituzionale del provvedimento15,  e in particolare, la cosiddetta “militarizzazione forzosa” e la «perdita di decenni di professionalità di migliaia di lavoratrici e lavoratori», che deriverebbero dall’accorpamento del Corpo all’Arma dei carabinieri.  A questo proposito però i sindacati di categoria dimostrano di essere affetti da amnesia o rimozione psichica perché «… Dal 2006 possono partecipare ai concorsi banditi dal Corpo forestale dello Stato i cittadini italiani, di entrambi i sessi e di età non superiore a 30 anni, che stiano svolgendo (o abbiano già svolto) il servizio nelle Forze armate in qualità di volontario in ferma prefissata annuale VFP1»16.
Oltre a queste giuste proteste del personale del Corpo che in certi casi si è trovato assegnato ad un corpo militare oppure ha avuto interrotta la carriera o decurtato lo stipendio, altri conflitti stanno nascendo e si accentueranno in futuro per l’accaparramento da parte dei carabinieri di mezzi e strutture dell’ex-CFS che avrebbero dovuto essere assegnate ai Vigili del fuoco oppure che competevano alle amministrazioni regionali per il regolare svolgimento delle loro specifiche funzioni17.
L’ex-ministro Alemanno,  in virtù della sua formazione e dei trascorsi politici (ha sempre amato lo “Stato” forte, armato e volitivo) preconizza immani catastrofi ambientali per questo accorpamento. Egli e ministri dell’agricoltura che si sono succeduti sono stati artefici della trasformazione del CFS in una forza di polizia, privandolo delle  storiche competenze tecniche di gestione dei boschi, di regimazione delle acque, di difesa idrogeologica e di promozione dell’economia montana. Il Corpo, dopo la messa a riposo di gran parte del personale con una preparazione ed una pratica operativa specifica nell’esecuzione di lavori e di interventi sul territorio, non possiede nel complesso una professionalità tale da garantire una “tutela” delle foreste e dei territori montani.
Può perseguire e, in una certa misura, prevenire reati o abusi a danno di beni ambientali privati o comuni, ma non è in grado di esercitare una protezione o salvaguardia del territorio mediante interventi attivi e pratiche costanti di cura e di gestione.
Non si è mai visto un corpo di polizia armato, dotato di ingenti mezzi tecnici per reprimere reati, “salvaguardare” i boschi o l’ambiente, poiché, in genere, sono le opere realizzate a questo fine (rimboschimenti, sistemi di difesa da frane, briglie, ecc.) che impediscono o attenuano eventuali disastri idro-geologici o altri danni ambientali. Questi si prevengono o si escludono se si si mette in atto una politica di efficace intervento, curativo e preventivo, del territorio, se ci si dota di leggi adeguate a questo fine e soprattutto contrastando con un adeguato sistema investigativo e giudiziario la criminalità (anche politica) legata agli eco-crimini.
Il CFS attualmente ha «competenza in materia di controlli derivanti dalla normativa comunitaria agro-forestale e ambientale e concorso nelle attività volte al rispetto della normativa in materia di sicurezza alimentare del consumatore e di biosicurezza in genere»18. In passato, il Mipaaf aveva ampliato la sua sfera di competenza, trasformando il CFS in un “corpo di polizia ambientale”, dotato di un Nucleo Investigativo Centrale di Polizia Ambientale e Forestale (NICAF) e di vari nuclei operativi (NIAB, NAF, NOA, Servizio CITES) con funzioni in larga parte coincidenti con quelle assegnate ad altre istituzioni nazionali e regionali. Mantenendo inalterata la struttura del CFS si creano nuove sovrapposizioni di compiti anche all’interno dei carabinieri, in particolare con le funzioni del “Nucleo carabinieri (Nas) preposto alla tutela delle “norme comunitarie e agroalimentari” e con il «Nucleo Operativo Ecologico» dei carabinieri (Noe)19.
punto-interrogativo-6906191Fin qui si tratta di conflitti di competenza nella repressione di reati (altri  contrasti potrebbero sorgere con la Polizia di Stato o con i corpi di vigilanza e di repressione locali). Ma il cittadino per far fronte a specifici problemi tecnici ed amministrativi riguardanti le “materie ambientali” a chi dovrà rivolgersi?
In questa marea di organismi, enti, istituzioni che tutelano l’ambiente a livello nazionale, regionale e locale, con competenze che si accavallano, si elidono, si combinano in maniera caleidoscopica, dove potrà trovare l’assistenza tecnica necessaria per il suo operare o per far valere i propri diritti o risolvere un problema amministrativo ?
Chi curerà il bosco, chi controllerà le utilizzazioni forestali, chi gestirà i rimboschimenti, le opere di protezione idro-geologica e le infrastrutture agro-silvo-pastorali delle zone montane e collinari?
Un ipotetico cittadino che dovesse affrontare un problema di “biodiversità”20,  di utilizzazione di semi transgenici (oggetto tabù nel nostro Paese), ma semplicemente di gestione di un bosco per ottenere determinati prodotti o, come si preferisce dire attualmente, certi “servigi” forestali ? Ai “carabinieri”, al “ministero per l’ambiente”, all’ASL, alla “comunità montana”, al comune, alla regione, o a qualche improvvisato “stregone” locale.
Come si vede qui si sta facendo il “gioco delle tre carte” tipica maniera di barare per convincere con manovre illusionistiche di star riformando un incancrenito sistema amministrativo scandalosamente inefficiente, persistentemente manipolato da interessi di parte e piuttosto corrotto21.
Ora va bene reprimere i reati mediante corpi di polizia efficienti e tecnicamente preparati, ma il problema è piuttosto come prevenire gli abusi. Se si continua a promulgare leggi e regolamenti che di fatto aprono la strada agli illeciti (“silenzio-assenso”, “condoni”,  “dichiarazioni auto-certificate”, ecc.), se i controlli vengono fatti solo quando si sono materializzati i danni, se le capacità di sanzionare gli abusi sono assai ridotte, a causa dei tempi biblici della giustizia e del caos legislativo in materia ambientale, se non esiste possibilità di rimediare ai danni compiuti, come si può garantire la tutela dell’ambiente («valore costituzionalmente primario e assoluto», in  quanto espressione di un interesse diffuso dei cittadini22.

In pratica, da quando il CFS ha perso la sua professionalità tecnica ed è stato trasformato in un organo di polizia, constatiamo che «… la guardia [che] non cerca di prevenire azioni scorrette, magari commesse anche in buona fede, o per ignoranza, ma attende che si concretizzi l’effetto eclatante, che si arrivi al reato in modo da poter contestare contravvenzioni megagalattiche, cerca lo scontro, la contrapposizione con chi nel bosco ci lavora e ci vive. E’ lo “scontro per prevalere nella gerarchia di dominanza” teorizzato dall’etologia, è una vecchia “lotta di classe” che non ha mai portato a risultati positivi»23.
Questa metamorfosi del CFS ha comportato che i giovani laureati o diplomati in agricoltura, scienze forestali, ingegneria non possono esercitare il loro mestiere, perché ormai di lavori forestali ne vengono fatti pochi (malgrado ce ne sia un enorme bisogno e si continui a sproloquiare di difesa dell’ambiente), oppure perché fare il forestale significa fare il poliziotto, perdendo ogni possibilità di esercitare la specifica professionalità.
L’assistenza tecnica è pressoché inesistente, i piani di gestione forestale sono ormai un ricordo del passato (tranne in alcune regioni). Far selvicoltura significa oggi attenersi alle “Prescrizioni di massima e di polizia forestale“, che, in assenza di controlli e soprattutto di  conoscenze tecniche specifiche, sono solo un’onerosa incombenza amministrativa.
Si sta producendo ed allevando una miriade di controllori di “reati”, di “infrazioni” il più delle volte marginali (maltrattamento animali, bracconaggio, etichettatura dei prodotti alimentari, ecc.) che si possono prevenire e sanzionare (come avveniva in passato) a livello locale con guardiacaccia, custodi forestali, guardie campestri o, in ambiti territoriali più vasti, con vigili provinciali, comunali o regionali. Per reati di questo tipo non occorreva di certo trasformare il CFS in un corpo nazionale di polizia, dotato di ingenti strutture e mezzi, anche perché la conclamata lotta all’ecomafia e all’inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua, si riduce all’identificazione di discariche di rifiuti nei boschi o a controlli su impianti zootecnici o agricoli, che dovrebbero essere delegati ad istituti competenti (ASL, istituti zooprofilattici, istituti sperimentali, scuole  professionali, facoltà universitarie, ecc.) operanti sul territorio.
È ben vero che il CFS è inserito tra le Forze di polizia di riferimento ed ausilio per l’attività della Direzione Investigativa Antimafia – DIA 24, e partecipa a vari organismi di polizia internazionali e ha organizzato di recente un convegno per promuovere la creazione di una polizia ambientale europea25,  ma il contributo effettivo del CFS è stato – come risulta dai rapporti sull’attività svolta – abbastanza modesto rispetto all’impiego di risorse. Quanto poi alla creazione di una “polizia ambientale unica europea” mi sembra si tratti di un wishfull thinking (pio desiderio) utile ad esorcizzare il progressivo processo di disgregazione dell’UE26.
Da un’analisi della documentazione del CFS si notano solamente modesti risultati conseguiti in collaborazione con altri corpi di polizia (Guardia di Finanza, Arma dei carabinieri, Polizia di Stato) e anche nel campo della lotta agli incendi l’azione sinergica di Vigili del fuoco e di squadre di volontari ha grandemente contribuito a limitare i danni a carico dei boschi.

Il “Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare“, dal 1983 ad oggi si è mimetizzato, (fenomeno “Zelig” di vari ministeri), e ha assunto varie denominazioni per giustificare funzioni e compiti di altre istituzioni o per soddisfare particolari appetiti di potere. Nel 2004 era stato incaricato assieme al Mipaaf di effettuare «l’aggiornamento dell’Inventario forestale nazionale e degli altri serbatoi di carbonio, nonché l’istituzione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali27». Ha assunto poi immeritate competenze in materia di rimboschimenti (compito attribuito espressamente alle regioni) e varie altre funzioni che esorbitano dalle specifiche mansioni ministeriali, ma sempre giustificate e “condivise” con il Mipaaf. Attualmente questo ministero si occupa di «argomenti» (come dicono i funzionari di questo ministero fantasma) che si sovrappongono a quelli del CFS  e di altre istituzioni.  Sovraintende infatti le Aree naturali protette terrestri, i Parchi Nazionali, ed è competente per le Attività antincendi boschivi, LIFE+ per la protezione della natura e la biodiversità, CITES, Biodiversità, Ecolabel UE, OGM e Biosicurezza, Discariche abusive, ecc. Le attuali competenze interferiscono anche con alcune funzioni del “Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibac)” (ex-Ministero per i Beni Culturali e Ambientali), del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Dipartimento della Protezione civile, per non parlare delle regioni e degli enti pubblici di protezione del territorio, della salute e della cultura.
Uscire da questo inestricabile groviglio di funzioni e competenze, nazionali, regionali e locali della «Pubblica Amministrazione» avrebbe comportato una riconsiderazione della «riforma Bassanini» e poi dei tanti progetti e proposte che si son susseguite dopo questo coraggioso tentativo riformatorio.
Questo avrebbe implicato però non solo interventi per frenare la “burocratizzazione” (inconsistente slogan acchiappa consensi), ma innanzitutto l’impegno civile e la volontà politica di metter fine o almeno di limitare il mercanteggiamento per la spartizione di istituzioni e di beni pubblici, consolidata prassi di partiti, correnti e lobby politico-clientelari.

Semplificare” per la ministra Madia significa evidentemente accorpare (senza tante remore o studi) un organismo (CFS) del Mipaaf ad un altro corpo di polizia (Arma dei carabinieri) senza alcuna considerazione per il persistente conflitto di competenze e di funzioni tra istituzioni diverse. Rimuovere i conflitti di competenza, analizzare gli effettivi bisogni sul piano tecnico-operativo per “tutelare” l’ambiente,  attualizzare i vincoli forestali ed idrogeologici ormai superati, velocizzare e facilitare le pratiche amministrative, niente di tutto questo è stato fatto. Perché questo avrebbe comportato uno studio approfondito della caotica organizzazione della “Pubblica Amministrazione”, tema del tutto estraneo al «Governo del fare»28.
Nessuno di questi problemi è stato valutato criticamente. Il decreto Madia ha semplicemente aggirato il problema mediante la semplicistica misura di aggregare tout court il CFS all’Arma dei carabinieri, senza considerare che molte funzioni assunte da questo corpo erano state demandate alle regioni e il CFS era stato trasformato in un “organo parallelo di polizia” alla dipendenza del Mipaaf, grazie ad una serie di provvedimenti che ne avevano dilatato i compiti e alterato le funzioni29,  perdendo ogni funzione di assistenza tecnica e di supporto amministrativo per la gestione di particolari beni comuni nazionali e locali.

Gran parte del “merito” per questa dilatazione delle competenze, per questa crescita ipertrofica di strutture organizzative, di mezzi e di personale30, e per questa trasformazione del CFS da «corpo tecnico con funzioni di polizia giudiziaria»,  a «forza di polizia dello Stato ad ordinamento civile, specializzata nella difesa del patrimonio agro-forestale italiano e nella tutela dell’ambiente, del paesaggio e dell’ecosistema» dipendente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali»note]Cioè uno dei tre corpi civili di polizia (ora militarizzato per effetto dell’accorpamento all’Arma.)[/note] va attribuita all’ex-ministro Gianni Alemanno e al direttore del Corpo, Cesare Patrone.
La trasformazione del CFS è stata innescata oltre trent’anni fa, quando il corpo ha abbandonato il tradizionale ruolo tecnico di ausilio e di indirizzo delle istanze amministrative locali nella tutela delle foreste e dei territori montani per assumere funzioni di prevenzione e di repressione di reati “ambientali” o di soccorso in gran parte esercitate anche da altre istituzioni (Arma dei carabinieri, Polizia, Vigili del fuoco, Corpi di vigilanza locale, Corpi di soccorso, ecc.).
Le immagini di un corpo di polizia che, con impeccabili divise, sfila in armi o partecipa ad ogni mondano evento, scala le montagne per prestare solerte soccorso a sventurati, cura amorevolmente animaletti feriti, interviene per domare gli incendi con una dovizia di mezzi aerei e terrestri, va a cavallo per incantevoli valli alpine, vive tra la natura per salvarla da malvagi predatori, percependo per di più una retribuzione pari a quella dei Carabinieri e della Polizia (senza essere esposti, normalmente, agli stessi rischi), esercitano una grande attrazione per la moltitudine dei giovani disoccupati (37,9% nel nostro paese, 22,0% media europea, dicembre 2015).
È però del tutto lecito chiedersi se tutte queste fantasmagoriche attività rivestano effettivamente un’utilità sociale, visto che alluvioni ed esondazioni sono sempre più frequenti31.
Evidentemente si tratta di propaganda ingannevole, che vuol far credere al pubblico che le funzioni storiche dei forestali abbiano sempre avuto questo carattere “ludico-poliziesco”, accuratamente evidenziato nei materiali illustrativi del CFS, mentre in passato sia la “Milizia” sia il CFS pianificavano e sovraintendevano effettivamente le attività di gestione dei boschi e dei territori montani (difesa idrogeologica, frane, rimboschimenti, ecc.).

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Manifesto per la “Riorganizzazione del CFS”. Interessante opera grafica leggermente nostalgica, pateticamente nazionalista e spudoratamente inneggiante agli artefici della storica riforma.

«Non è più possibile rimanere legati alla «figura ottocentesca del “guardaboschi, la quale comunque silenziosamente ha svolto egregiamente i compiti a lei affidati attraverso atti quotidiani di cura e attenzione al bosco che rimarranno comunque rimpianti e, di fatto, ancora necessari, ma occorre volgere anche altrove la propria attenzione e sviluppare le proprie competenze e professionalità»(Amministrazione forestale), affermano perentoriamente i “nuovi” forestali, i quali si vantano di esercitare un tutoraggio a tutto campo dell’ambiente, ma sanno poco e soltanto in teoria dei boschi (per non parlare di “biodiversità”, di “ecosistemi”, di “organismi geneticamente modificati”, di “fauna o flora tropicale”, di “inventari forestali”, ecc.). Forse si sarebbe dovuto insegnar ai giovani allievi guardie o sottufficiali di nuova leva quale sia stato il contributo della “Milizia forestale” e del CFS nella cura del patrimonio forestale nazionale e nell’aiuto prestato alle popolazioni montane per salvaguardare il territorio e migliorare le penose condizioni di vita delle popolazioni rurali.

In parlamento ministro Martina ha voluto rassicurare il personale CFS sulle loro carriere amministrative, senza peraltro informare i cittadini sui vantaggi apportati da questo decreto alla protezione ambientale, alla gestione delle foreste e alla difesa dei territori montani. Un messaggio vacuo, generico, che non spiega come verrà garantita una gestione razionale del patrimonio forestale e mediante quali interventi concreti ed azioni operative si “tuteleranno” i beni ambientali. Il ministro sottace oltretutto le contestazioni giudiziarie mosse all’attuale direttore del Corpo, oggetto di interrogazioni parlamentari e di interventi dei sindacati di categoria32.

L’occupazione in gran parte clientelare del CFS ha modificato radicalmente la composizione del personale, il loro ruolo e le funzioni svolte33.
Artefice di questa radicale trasformazione del CFS in organo di polizia militarmente organizzato è stato Cesare Patrone «… l’ultimo Capo del Corpo, voluto da Alemanno, … un ideologo di estrema destra, all’epoca anche editorialista del quotidiano di partito “Il Secolo d’Italia». Con il tacito consenso dei sindacati di categoria, la supina accettazione di parte del personale, il programma di militarizzazione del corpo trova ora la naturale conclusione con il suo assorbimento nell’Arma dei carabinieri.
Come osservano Elisabetta Morgante e Massimiliano Violante: «… In 11 anni di astute trasformazioni della nostra Amministrazione (si è dato) alla luce il progetto “Cesare Patrone”, condiviso da una manciata di generali e colonnelli, di rifondare la Milizia Forestale» perché «… il progetto di militarizzazione del nostro amato Corpo forestale dello Stato, reso possibile dall’ormai vicino accorpamento all’Arma dei carabinieri, non è altro che un ritorno alle origini». Osservazione giusta, ancorché tardiva, perché dalla “regionalizzazione” (anni ’70) in poi molti operatori del settore agro-silvo-pastorale e alimentare chiedono (a vario titolo) una riforma del Mipaaf (sintesi di tutte le sigle precedenti) e che il CFS svolga i compiti tecnici ed amministrativi in materia forestale assegnati alle regioni o anche di competenza nazionale (definiti però in modo rigoroso). Purtroppo di questo progetto di militarizzazione del Corpo sono corresponsabili anche le regioni a statuto ordinario che hanno preferito affidare la gestione del patrimonio agro-silvo-pastorale al CFS mediante apposite convenzioni anziché dotarsi di adeguati servizi forestali.

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Ing. Cesare Patrone, ultimo Capo del Corpo Forestale dello Stato (CFS), 2016.

Il Capo del Corpo forestale dello Stato (2004-2016), Cesare Patrone, detiene l’invidiabile curriculum di una rapida e incontrastata carriera nell’amministrazione forestale  «scavalcando molti colleghi con maggiore anzianità e più rilevanti titoli … in virtù di un punteggio proposto da Alemanno». A suo tempo (2004) la promozione a «Capo del Corpo Forestale» fu definita «il minigolpe di Alemanno» e venne avversata da tutti i capigruppo delle opposizioni (Violante, Castagnetti, Giordano, Intini, Boato, Rizzo, Brugger) e dal leader verde Pecoraro, i quali fecero pressioni su Berlusconi perché si evitasse tale immeritata promozione34.
La scalata di Alemanno al CFS è stata, a suo tempo, ampiamente documentata e pubblicamente denunciata senza particolari conseguenze, come del resto è avvenuto anche per altri illeciti (Crac Parmalat, Unire, AMA, fino ai più recenti fatti di “Mafia capitale” dove compaiono vari personaggi con precedenti incarichi al Mipaaf)35.

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In occasione della Festa di San Gualberto, patrono dei forestali, il Capo della Forestale (Cesare Patrone) passa in rassegna il CFS schierato in armi per la difesa dei boschi. (Foto CFS)

Il Capo del CFS, prescelto da questo ministro, ha ampiamente seguito l’andazzo del patrocinatore. È stato infatti coinvolto nel cosiddetto “scandalo parentopoli” e denunciato per la manipolazione dei concorsi e delle assunzioni nei servizi agro-forestali36.
Cesare Patrone, dal 2006 membro dell’Accademia di Scienze Forestali, tenace oppositore del decentramento e del federalismo, ha sostenuto che «… Col tempo si è affermata un’altra cultura del decentramento, sempre più forte, quella del federalismo. Quindi la panacea di tutto era quella di trasferire dalle società maggiori alle società minori, citando sempre il principio “medievale” della sussidiarietà», ma «… certe forme di decentramento in realtà hanno creato paradossalmente uno scollamento molto forte fra comunità nazionali, comunità sociali e istituzioni» e quindi «… ci siamo accorti che la chiave non è tanto “più Società e meno Stato”, quanto piuttosto “più Stato nella Società, più Istituzioni nella Società”»37.
Ho avuto già avuto modo di rilevare alcune “perle” della “filosofia” ecologico-naturalistica del Capo della “Forestale”. A Vallombrosa, in occasione della festa di San Gualberto, patrono dei forestali, ad esempio, affermò che «… le politiche alimentari debbono mirare a smantellare l’agro-industria e le colture commerciali, cercando di ripristinare i sistemi agricoli basati sull’autosufficienza alimentare» e che si doveva «… avere un approccio alla tutela del bosco (come certi movimenti di matrice anglosassone) … con un’attenzione per la salvaguardia del bosco e dell’ecosistema dettata dal forte senso di appartenenza derivante dal fatto di abitare nel bosco, nelle caverne e negli incavi degli alberi»(cfr. Quante selvicolture).
Questa politica nepotistica è caduta nell’oblio più completo, trascurando il fatto che i concorsi di assunzione e di promozione politicamente pilotati hanno prodotto centralizzazione e burocratizzazione delle istituzioni  con una sostanziale paralisi delle attività di cura dell’ambiente. L’allegra politica di assunzione e progressione pilotata di carriera del personale del Mipaaf sviluppata da Alemanno (2001-2006), è proseguita con i successivi ministri dell’agricoltura:  Zaia  – 2008/201038 ; Galan – 2010/201139; Romano, 23 marzo – 06 settembre, 201140; Nunzia De Girolamo – aprile- novembre 201341; fino all’attuale ministro Martina, che di fatto ha patrocinato questo accorpamento all’Arma dei carabinieri militarizzando il Corpo.
L’occupazione in gran parte clientelare del CFS ha prodotto quindi una radicale modificazione della composizione del personale e nel ruolo e funzioni svolte come enunciato nel “Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato” (Legge 6 febbraio 2004, n. 36). Successivamente con il «Riassetto dei comparti di specificità delle forze di polizia» (Decreto Ministero dell’Interno, 28/04/2006) le competenze istituzionali del Corpo sono state ulteriormente precisate, consolidando il ruolo repressivo e di controllo esercitato sul territorio.
Mi limito ad osservare che la gestione Alemanno/ Patrone del CFS ha comportato ingenti spese per ogni sorta di equipaggiamento militare e strutturale a fronte di servizi e attività operative, tutto sommato modeste, in gran parte eseguibili da servizi locali, provinciali o regionali42.

La discussione deve pertanto essere ripresa attorno a questi problemi che riguardano la salvaguardia dei boschi, e il complesso dei beni comuni (paesaggio, ecosistemi agro-forestali, aree protette, ecc.).
«… Da anni i beni pubblici e le stesse istituzioni dello Stato vengono smantellati da destra e da “sinistra”, con una larga intesa di fatto […] Si chiama “privatizzazione” e viene considerata la panacea di tutti i mali, ma non crea nuova ricchezza, bensì si trasferisce alle oligarchie dei furbi e degli sciacalli, a svantaggio delle classi meno agiate e dei giovani; genera disoccupazione, esilia i diritti e fragilizza la comunità, contro lo stesso principio di “promozione della coesione sociale e territoriale” affermata dal “Trattato di istituzione della Comunità europea” (art. 16)43.

La pervicace lotta tra stato e regioni per accaparrare o per conservare competenze e strutture senza un disegno politico per dar vita ed organizzare dei servizi, che associando conoscenze tecniche e culturali e effettiva capacità amministrativa, ha favorito l’illegalità, il degrado ambientale, la rapina di beni comuni (territorio, ambiente, salute, cultura). Per far fronte e arginare  in qualche modo questo processo fisicamente e moralmente distruttivo, non si supplisce con una riorganizzazione dei corpi di polizia, aggregando in modo cervellotico organismi ed enti diversi o sopprimendo particolari servizi, ma diffondendo cultura e rafforzando una «contro-democrazia o adversary democracy «… che lungi dall’essere anti-politica è in realtà una radicale richiesta di partecipazione democratica alla decisione politica»44. Perché «Non i partiti, che da lungo tempo hanno abbandonato il loro ruolo, ma i cittadini sono i titolari della sovranità e i veri protagonisti della politica: a essi tocca diventare il cuore pensante della polis, impegnandosi in una riflessione sul bene comune che restituisca dignità alla politica e guarisca i partiti dalla corruzione morale e culturale che li appesta.»45.

Privilegiare una struttura gerarchica centralizzata con preminenti funzioni repressive, comporta la “svalorizzazione” delle conoscenze tecnico-scientifiche forestali, per l’affievolirsi della pratica professionale, e un’estraneazione dai problemi concreti specifici di un determinato territorio e realtà sociale ed economica.
I livelli di tutela dei beni naturali sono di conseguenza meno incisivi ed efficaci, perché l’imposizione  di direttive elaborate e decise da organismi centrali dello stato, senza o con una ridotta partecipazione delle istanze locali (regioni, province, comuni) e in assenza di un coinvolgimento della popolazione, attraverso le associazioni volontarie, è infatti di gran lunga meno efficace nella tutela del territorio.

Se non si esce dall’apatia e dalla rassegnazione a «pratiche di governo che «ignorano i diritti costituzionali dei cittadini, sottoponendoli al dispotismo dei mercati;  che usano i beni comuni e la proprietà pubblica asservendoli al profitto privato a scapito del bene pubblico; che giustificano questa abdicazione con la pretesa priorità delle norme europee non si potrà realizzare un effettivo efficace controllo sui beni naturali46. Per questi motivi ritengo che la discussione dell’accorpamento del CFS all’Arma dei carabinieri non debba ridursi ad uno scontro manicheistico tra sostenitori e avversari di questo provvedimento, ma sia una buona occasione per far chiarezza  sulle responsabilità politiche collettive di tutela dell’ambiente «come valore costituzionale primario e assoluto», sull’impegno comune perché sia dia termine a questo processo di espropriazione dei beni comuni, tra i quali rientrano non solo l’ambiente, il paesaggio, i beni culturali, ma anche la «cultura, l’arte, la scuola, l’università e la ricerca» e, aggiungerei la «sanità» e il «lavoro».

Mi associo quindi a questa marcia funebre, con il rispetto e la riconoscenza che debbo a questo Corpo, che mi ha fatto apprezzare il lavoro di forestale. La cultura del bosco e l’esperienza pratica che ispettori, graduati e guardie forestali mi hanno trasmesso ha contribuito a minimizzare i miei errori professionali e tra i molti che mi hanno aiutato nel mio lavoro di ricercatore vorrei esprimere un grato ricordo ai marescialli Giorgio Gius e Martino Fabbio.

Continua “Digressione seconda”.

  1. Si tratta del «Decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177» pubblicato nella GU n. 213 del 12-9-2016, «Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche». Il provvedimento è conosciuto anche come “decreto Madia”, perché presentato da Marianna Madia, Ministro senza portafoglio per la semplificazione e la pubblica amministrazione (Governo Renzi e Gentiloni).
  2. Lo storico Ministero dell’Agricoltura e Foreste (MAF) ha avuto una particolare abilità nel mimetizzare attraverso nuove denominazioni (cfr. rinomine del ministero) la tradizionale inefficienza e incapacità di elaborare una coerente politica agraria nazionale e di coordinare i programmi agricoli, forestali e agro-alimentari regionali sintonizzandoli con quelli dell’UE. Per mantenere il potere sul territorio si è auto-attribuito nuove (inesistenti) competenze tecnico-amministrative, ha rimaneggiato servizi, enti, organismi, associazioni collegati, ha creato un proprio corpo di polizia, limitando o usurpando funzioni assegnate ope legis alle regioni o ad altre istituzioni, spesso venendo meno ad obblighi internazionali sottoscritti.
  3. Senza estremizzare, pare proprio che la politica agro-alimentare si risolva nella difesa della tipicità dei prodotti nazionali (etichettatura, origine DOP, prodotti di nicchia, insomma difesa del made Italy) nel completo disinteressamento della situazione sociale ed economica degli operatori taglieggiati dal sistema di trasformazione e di commercializzazione, e spogliati di ogni difesa dalla concorrenza agro-alimentare internazionale. Si assiste sempre di più al paradosso di un ministero che si disinteressa delle conseguenze per il comparto agricolo-alimentare dei nuovi trattati commerciali (TTIP, CETA, ecc.) e si diletta a promuovere agricolture biologiche, biodinamiche ed altri ideologici ritrovati dell’agro-alimentare (slow food, prodotti di “nicchia”, made Italy, ecc.).
  4. Nel 2012 il Mipaaf ha costituito un “Tavolo di filiera del legno“, il quale basandosi su eterogenei dati statistici (FAO-FRA, 2010, Eurostat, 2011, ISTAT, Federlegno) ha predisposto un «Piano di settore legno per il periodo 2012- 2014». Il documento ricco di buone intenzioni, ma piuttosto astratto sul piano operativo, mira a «equilibrare (riordinare, aggiornare e semplificare) la normativa nazionale in materia forestale, a partire dal D.L. n. 227 del 18 maggio 2001 e successive linee guida nazionali per il settore forestale, nell’ottica di agevolare le attività forestali soprattutto nei piccoli comuni montani (il corsivo è mio, per evidenziare che un ministero dovrebbe affrontare i problemi nazionali del settore e dare delle linee guida per le realtà locali) e  risolvere alcuni annosi problemi del settore». Purtroppo il documento programmatico si  basa su dati statistici di dubbia attendibilità e su considerazioni accademiche non supportate da rigorose indagini sullo stato dei boschi e dell’industria di utilizzazione e trasformazione dei prodotti legnosi, evidenziando l’incapacità del CFS/Mipaaf di produrre statistiche aggiornate per la filiera del legno, di elaborare realistici piani economici per il settore e addirittura di aggiornare obsolete leggi forestali.
  5. Questa mattina (26/10/2016), a Roma, presso la caserma “Salvo D’Acquisto”, ha avuto luogo la cerimonia di istituzione della «Unità per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare» dei carabinieri, alla presenza del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e del comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette. A capo della nuova unità è preposto il generale di corpo d’armata Antonio Ricciardi, vice comandante dell’Arma, il quale, nel corso della stessa cerimonia, ha ceduto il comando delle unità mobili e specializzate carabinieri “Palidoro” al generale di corpo d’armata Vincenzo Coppola.
  6. L’art.16 della legge 121/81 evidenzia che le forze di polizia nazionali della Repubblica Italiana sono cinque (tre corpi con funzioni di polizia a ordinamento civile – Polizia di Stato, Corpo Forestale dello Stato, Polizia Penitenziaria – e due a ordinamento Militare – Carabinieri, Guardia di Finanza-. La Polizia di Stato con 95.850 dipendenti, l’Arma dei carabinieri con 107.853 militari, la Guardia di Finanza con 59.903 finanzieri, la Polizia Penitenziaria con all’incirca 40.000 dipendenti e il Corpo Forestale dello Stato con circa 8.000 addetti (dati riferiti al 31 dicembre 2011). Se a queste forze si aggiungono le polizie provinciali, istituite con la «legge 7 marzo 1986, n. 65» (governo Craxi) il numero complessivo di personale con funzioni di polizia cresce considerevolmente. All’inizio del 2013 gli organici dell’insieme delle Forze dell’Ordine in Italia era di 278.461 dipendenti, in Germania di 243.201 (35.260 in meno dell’Italia), in Francia 184.576 (93.885 in meno), in Spagna 181.110 (97.351 in meno).
  7. La legge 1 Aprile 1981, n. 121, trasforma il CFS in una “Forza di polizia ad ordinamento civile”, mentre nel provvedimento di fondazione del CFS, dopo il conflitto, (Decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804) al personale era tato attribuito uno status civile-tecnico con funzioni di polizia.
  8. La Commissione, istituita il 28 giugno 2011, doveva «svolgere un’attività di indagine sullo stato della sicurezza, sull’organizzazione e sul funzionamento delle forze di polizia, nonché sulla sicurezza percepita da parte dei cittadini», formulando proposte di modifica delle norme della legge 1 aprile 1981 n.121.
  9. Il ministro degli interni, prefetto Cancellieri, nel corso della tradizionale conferenza stampa (ferragosto 2012) dichiarava «non siamo noi del governo tecnico a dover fare questa importante modifica dell’assetto strutturale delle polizie, questa riforma importante ha bisogno di un forte mandato politico elettorale, che solo un ministro nominato dopo elezioni politiche può fare, se ritiene». Elegante maniera per dichiarare di non voler far nulla per la propria amministrazione e per il Paese in materia di sicurezza, dopo aver prestato giuramento come Ministro degli interni della Repubblica.
  10. Parere del Consiglio di Stato. n. 012112/2016, 14/10/2016.
  11. L’unificazione dei corpi di polizia è argomento controverso, oggetto di accesi dibattiti e di continue inconcludenti iniziative parlamentari, le quali non hanno contribuito a risolvere la criticità del sistema nazionale di sicurezza. Con il decreto Madia, il personale proveniente dal Corpo forestale, in base al ruolo di appartenenza, transita in un corrispondente ruolo forestale dell’Arma e assume contestualmente lo status militare. A tal fine vengono creati i seguenti ruoli ad esaurimento (tutti in sevizio permanente): ispettori; sovrintendenti; appuntati e carabinieri; periti; revisori; operatori e collaboratori.
  12. Queste criticità sono state esaminate in modo chiaro e sintetico, tra gli altri, da  Savino M. «L’assetto delle forze di polizia in Italia: i problemi esistenti e le prospettive di riforma».
  13. Il nucleo “Carabinieri tutela norme comunitarie e agroalimentari” (posto alle dipendenze funzionali del Mipaaf) è stato creato (d.P.R. del 9 gennaio 2008, n. 18), per reprimere i reati nel settore agro-alimentare. Altri comandi sono deputati all’inibizione di illeciti o crimini paesaggistico-ambientali e sanitari: “Comando carabinieri per la tutela della salute” (dal quale dipendono vari nuclei antisofisticazioni e salute – Nas); “Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale“; “Comando carabinieri per la tutela del lavoro“. Dal primo gennaio si è aggiunto il “Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare” (ex-CFS).
  14. Un elenco degli istituti universitari che offrono corsi di scienze ambientali e forestali si ritrova qui.
  15. Appellarsi alla legittimità costituzionale in un epoca in cui si cerca di smantellare la Costituzione è certamente un fatto positivo, perché si assiste sempre più di frequente all’emanazione di leggi, regolamenti o provvedimenti che contrastano con il dettato costituzionale (vedi il decreto Madia sulla riforma della P. A.). Nel caso specifico mi sembra vi sia troppa foga nel sostenere l’autonomia ed unitarietà del CFS come corpo di polizia, senza affrontare il problema della gestione dei boschi e dell’effettiva capacità di questa pletorica struttura centralizzata di realizzare i compiti istituzionali, che non dovrebbero essere di mera repressione di abusi o illeciti, ma prevalentemente di natura tecnica, come avveniva in passato.
  16. Già nel 2006, si è stabilito che per accedere al “… concorso per diventare “Agente del Corpo Forestale”, è necessario aver partecipato al concorso per l’arruolamento come VFP1, il cui bando viene annualmente pubblicato dal Ministero della Difesa sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”. Il Consiglio di Stato (parere 12 maggio 2016 n. 1183) ha quindi ribadito che «il loro ordinamento [delle Forze di polizia] « ivi compreso quello del Corpo forestale, era qualificabile come “militare” (art. 16 legge n. 121 del 1981),  con la conseguenza che la distinzione fra quest’ultimo e l’Arma si attenuava in modo netto; «… un ritorno a tale originario status dunque, non appare eccentrico in relazione all’evoluzione dell’ordinamento giuridico nel suo complesso» (Consiglio di Stato – parere 12 maggio 2016 n. 1183).
  17. Secondo affermazioni sindacali (CONAPO), il comando dell’Arma avrebbe offerto alla Protezione civile la propria collaborazione per le operazioni di antincendio boschivo (2017), utilizzando personale, autopompe e altre attrezzature appartenenti al disciolto CFS che avrebbero dovuto essere assegnate ai Vigili del fuoco. In tal modo, il servizio di antincendio boschivo di competenza delle Regioni, svolto in passato dai Vigili del fuoco attraverso apposite convenzioni, diventa oggetto di concorrenza tra due corpi dello Stato.
  18. «Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato» (L. 36/2004).
  19. Il «Regolamento recante riorganizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali» (d.P.R. del 9 gennaio 2008, n. 18.) attribuisce al Mipaaf/CFS una serie di competenze che si ritrovano anche nell’Arma e nel Ministero per l’ambiente.
  20. Vien fatto un tal abuso di questo termine che ormai è diventato uno slogan insignificante. Secondo una corrente definizione: «La biodiversità comprende tutte le forme di vita (specie di animali, piante, funghi, batteri), i differenti habitat in cui vivono le specie (ecosistemi come il bosco o le acque) nonché la diversità genetica all’interno delle specie (ad es. le sottospecie, le varietà e le razze». Sarebbe interessante conoscere in che modo il Corpo rilevi, valuti o misuri questa caratteristica, trattandosi di elementi e funzioni assai complesse oggetto di multiformi ricerche e di irrisolti problemi scientifici.
  21. Il nostro paese ha il privilegio di essere penultimo nell’Unione europea e 61esimo al mondo per corruzione (Rapporto Transparency, 2015). Queste graduatorie sono spesso considerate un’esagerazione frutto di prevenzioni ideologiche, in realtà se riflettiamo sulle vicende del nostro Paese a venticinque anni di distanza da “Tangentopoli”, non possiamo non dar ragione a Piercamillo Davigo, presidente dell’Anm, sugli ostacoli posti dalla politica per affrontare questo dilagante fenomeno (Intervista a Piercamillo Davigo, 17/02/2017). Sui caratteri, sulla debolezza dei controlli, sul degrado istituzionale che accompagna il fenomeno della corruzione vedi anche «Marco D’Alberti, 2016, “Combattere la corruzione”. Rubbettino, Soveria Mannelli».
  22. Sentenza della Corte costituzionale 259/04. Su questo tema vedi Cristina De Benetti,  L’ambiente nella giurisprudenza della Corte costituzionale: dalla leale collaborazione alla sussidiarietà.
  23. Così scrive un forestale che ha a lungo operato a stretto contatto col personale del Corpo e conosce bene l’etica e la passione che animava un tempo questi custodi del patrimonio naturale comune (Giovanni Hippoliti).
  24. Decreto legislativo 15 novembre 2012 n. 218.
  25. Ervedo Giordano, Verso la polizia ambientale unica europea. Relazione sul Convegno svoltosi a Roma  6 – 7 maggio 2016, con la partecipazione di varie Agenzie Internazionali, (FAO, CITES, UNEP, WWF, NATO, EEA, ACCP, GAI, INTERPOL, EUR IPES), e i responsabili italiani delle organizzazioni ambientaliste, quali ENPA, GREENPEACE, LEGAMBIENTE, LIPU, LAV, WWF, ITALIA NOSTRA, EURISPES, LIBERA, DNA, ISPRA, del mondo accademico, delle Commissioni parlamentari che si occupano dello sviluppo sostenibile del territorio – come bene comune degli italiani -, degli illeciti ambientali, dei rifiuti, della green economy.
  26. Nel 2007 è stata creata la Forza di Gendarmeria Europea (FGE) per il volere della Francia, Italia,  Portogallo, Spagna e l’Olanda. Un trattato per la sua realizzazione è stato sottoscritto anche dal nostro Paese (2004) nella cittadina olandese di Velsen. Si trattava quindi di verificare i progressi di questo impegno internazionale, evidenziandone i limiti e le contraddizioni dopo otre un decennio per dare nuovo vigore all’iniziativa (ammesso che ciò sia ancora possibile).
  27. Decreto 2 febbraio 2005, «Attuazione dei programmi pilota a livello nazionale in materia di afforestazione e riforestazione, ai sensi dell’articolo 2, punto 3, della legge 1° giugno 2002, n. 120).
  28. Su questo problema ci si potrebbe dilungare esaminando il lavoro legislativo del 2014 (International Business Time)», oppure di quello realizzato fino al maggio 2015 «Governo del fare alla prova dei fatti», fino ad arrivare (novembre 2016) alla sintesi fatta da Renzi dopo 1000 giorni di governo – «Governo nato per fare»-. Fretta, improvvisazione, dilettantismo caratterizzano il provvedimento Madia sull’accorpamento del CFS, foriero di lunghi contenziosi legali ed amministrativi che ci accompagneranno nel prossimo futuro.
  29. Con  la Legge di riordino n. 36 del 6 febbraio 2004 e col Decreto Ministeriale del 12 gennaio 2005, l’attività del Corpo forestale dello Stato si concentra essenzialmente nel perseguire “reati ambientali” (ampliati e ingigantiti ad libitum).
  30. Confronta “Corpo Forestale dello Stato” (in fase di aggiornamento) dove sono enumerate le dotazioni del corpo.
  31. Vedi lista delle Alluvioni e inondazioni avvenute in Italia tra il 2000 e il 2015” (e anche precedenti e successive a queste date) per l’abbandono del controllo del territorio. Ma è più comodo attribuire questi disastri al “cambio climatico” e alle “bombe d’acqua”). I boschi sono soggetti ad incontrollate utilizzazioni (piani gestionali pressoché inesistenti, cure colturali e fitosanitarie assenti, viabilità forestale disastrosa, ecc.), i pascoli montani e le infrastrutture della zootecnia montana derelitti, e via dicendo.
  32. Si tratta della vicenda del consorzio irriguo e di bonifica “East Sesia” e del rinvio a giudizio di 27 indagati (tra i quali Cesare Patrone) per vari reati amministrativi.
  33. Le competenze istituzionali del Corpo sono state precisate nel “Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato” (Legge 6 febbraio 2004, n. 36) e successivamente nel «Riassetto dei comparti di specificità delle forze di polizia» (Decreto Ministero dell’Interno, 28/04/2006), consolidando il ruolo repressivo e di controllo esercitato sul territorio.
  34. Giovanni Alemanno, detto Gianni, fu ministro delle politiche agricole e forestali (Mipaaf) dal 2001 al 2006 (Governo Berlusconi II e III) e successivamente sindaco di Roma (maggio 2008 – giugno 2013). Superfluo enumerare i suoi meriti nel realizzare una politica nepotistica, nel favorire assunzioni facili di estremisti neri ex-sodali del Fronte della Gioventù, MSI et similia, di piduisti ed elementi malavitosi nelle istituzioni frequentate. La disastrosa gestione del Mipaaf, che sta all’origine di questo tragico farsesco epilogo del CFS, è un fatto palese, che, come di consueto è sottaciuto e dimenticato dall’opinione pubblica (Cfr. Biografia Gianni Alemanno).
  35. Gli scritti in proposito sono numerosi e assai dettagliati (cfr. Marco Travaglio & Peter Gomez, «Se li conosci, li eviti». Chiarelettere editore srl, Milano, 2008.; «E dieci anni fa la lobby Alemanno riempì di parenti e amici l’Agricoltura »;« La casta familiare Alemanno-Rauti »; ecc. ecc.).
  36. A fianco di Cesare Patrone, notoriamente vicino ad Alemanno, operavano (2008)  il fratello Amato (sovrintendente), la moglie di quest’ultimo (sovrintendente), Domenico (zio del capo allora entrato in quiescenza) e sua figlia Rosa Patrone (cugina di Cesare), primo dirigente del Corpo (che gestiva di fatto  due tre divisioni del personale). Su questo tema confronta: Amici e parentila grande famiglia della Forestale; Concorsi truccati dalla polizia all’avvocatura, correzioni e parentele ambigue; ecc.
  37. «Intervento del Capo del Corpo Forestale dello Stato Ing. Cesare Patrone, Inaugurazione del 62° Anno accademico dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, L’Italia Forestale e Montana, 68 (5): 217-230, 2013).
  38. Ministro nel governo Berlusconi IV, malgrado amasse dichiarare «Siamo tutti figli della Serenissima, fondata sull’idea della sua autonomia» ha rafforzato il sistema centralizzato del Mipaaf ed è conosciuto per il cosiddetto “sistema letterine” per l’assunzione o facilitazioni di carriera di personale del CFS e Mipaaf, per la corruzione nell’assegnazione di appalti, per la polemica sulla sede a Foggia della «Authority nazionale per la sicurezza alimentare» (proposta alternativa Verona, poi bocciata) e infine per il fallimento di “Buonitalia
  39. Conosciuto più per le vicende di corruzione (scandalo MOSE – Venezia –  e le avventurose operazioni commerciali nel Sud Est asiatico, che per le attività sviluppate al Mipaaf
  40. Indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, ha patrocinato le “disposizioni relative alla preparazione,  al confezionamento e alla distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma”
  41. Una meteora che dopo numerosi passaggi da un partito all’altro ha trovato nel Mipaaf temporaneo soggiorno durante il governo Letta.
  42. Val la pena, a questo proposito, di verificare gli esiti della lotta al bracconaggio, del sequestro di piantagioni di canapa o di mais geneticamente modificato, dell’opera di protezione della fauna o flora (in sana competizione con i vari centri di recupero dei selvatici, e con le associazioni che in tutta Italia operano, con minori costi e maggiore efficacia, per la difesa dell’ambiente).
  43. Salvatore Settis, Costituzione: perché attuarla è meglio che cambiarla. Giulio Einaudi editore, Torino, 2016, p. 138.
  44. Salvatore Settis, 2012 – Azione popolare. Cittadini per il bene comune. Einaudi Ed., Torino.
  45. Anna Fava, Un manifesto: la Costituzione, in Salvatore Settis, Costituzione, perché attuarla è meglio che cambiarla. Einaudi Ed., Torino, 2016, p. 116.
  46. Salvatore Settis, Costituzione: perché attuarla è meglio che cambiarla. Giulio Einaudi ed., Torino, 2016, p. 225.

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